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Quell'estate al castello

213888
Solinas Donghi, Beatrice 25 occorrenze
  • 1996
  • Edizioni EL - Einaudi Ragazzi
  • Trieste
  • Paraletteratura - Ragazzi
  • UNICT
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Quell'estate al castello

Belavo che era una pietà, ma almeno mi serviva per sentire meno forte il tututún del cuore.

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faccia dall'emozione. - Se i miei sono contenti, si sa; ma lo saranno sicuro - . Mi venne un dubbio: - E i tuoi? Ippolita spinse un po' in fuori il

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capiva che era proprio fuori di sé. - Mio zio, dico. Hai visto come ci ha mortificate. Cercai di difenderlo: - Ma no. Ci ha solo prese un po' in giro

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che sui francobolli soliti non si vedevano tanto facilmente. Ma non c'era da meravigliarsi, venivano da tanto lontano... - Oh!! - Si era accesa una

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poter contare su di me, dato che ero tutta dalla sua parte. E lo ero, infatti. Solo che, al momento, non mi sentivo piú per niente coraggiosa. - Ma dài

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c'era un muraglione a terrapieno, molto alto. Le grotte erano scavate lí dentro. La prima dunque era piú una nicchia, grande grande ma non tanto

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soggezione: non è un conte, lo zio della tua compagna? - Oh, mamma, ma questo cosa c'entra! - Ti troverai male, non saprai come comportarti con gente cosí

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però alla fine verrà scoperto altrove. Un romanzo dal classico impianto avventuroso; una storia di incomprensioni familiari, ma anche di amicizia e

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mi premeva di bloccarla. - No no, - dissi a precipizio, - non è il caso, non stava mica male. Cioè, un po' cosí, ma niente di speciale. - Ma che cosa

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qualcosa; ma per il divorzio ero sempre nella nebbia. - E tuo padre? - domandai, per farla tornare a bomba. - Oh, papà è fratello di zio Ottavio: è

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all'estero, tutt'e due posti lontani, che si vedevano solo al cine. - Ma non capisci? Se è tornata a Parigi, non c'è motivo che io non stia con lei! Ha

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potrebbe andare a vedere! - Perché, tu dici che è profonda? - Credo di no, ma io i piedi non ce li inetto, grazie tante. Guardai l'acqua nera che puzzava

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contessa, che piangeva addirittura mentre me li dava; ma quel che mi fece piú piacere fu di sentirmi dire da Remigio: - Però, che brava! alla seconda volta

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si era preso la briga di informarlo. Ma era peggio, che Ippolita sembrasse cosí tranquilla. Peggio per lei, cioè. Lo disse anche la Vittorina, su al

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? Non poteva negarlo, dunque disse: - Già. - Ma a Parigi ti aspetta qualcuno? Qui andava sul sicuro: - Sí, mia madre. - E come ti chiami, di' un po

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giudicavano male (la madre) solo perché era giovane e aveva voglia di divertirsi. E va bene. Ma lei, adesso, la figlia, come la giudicava? Non c'era verso di

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Dopo, anche Ippolita si ostinava a dire che scovandola dentro a quel cunicolo l'avevo salvata. - Ma finiscila, - protestavo io. - Vorrei vedere se

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si slanciasse all'insú, piú su delle cime degli alberi, ancora piú su della banderuola di ferro in cima alla torre. - Ma è... è bellissimo, - dissi

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Ippolita fece una smorfia. - Ma non cantavano mica cose simili, i trovatori. - No? - No. Cantavano le lodi della loro dama, accompagnandosi col liuto

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: due baffetti neri neri, ma piccoli. Era la signorina Elide Ricciarelli, una del paese, che veniva per far conversazione francese con Ippolita e farle

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Ma ci sono un sacco di altre cose da dire, prima che si arrivi a quello che doveva succedere poi. Non bisogna mica credere infatti che stessimo

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la parata andò a farsi benedire. A questo punto voi potreste anche dirmi: ma insomma, il tesoro non l'avete trovato, in fondo non è successo niente

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bellissimo, tutto a sboffi e bianco accecante, ma col nero sotto. E la mattina dopo, giú acqua. Cosí gli stivali di gomma ce li siamo dovuti infilare

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non le comodava. Ma cosa avevano oggi tutti quanti, da comportarsi in modo cosí strano? Ippolita però disse a muso duro che se non venivo io non usciva

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dello sgabuzzino dove tenevano le biciclette, la sua e quella di Remigio che era una specie di monumento preistorico, ma lui ci teneva. Tirò fuori la

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